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Diapostrofo — Gli uomini seduti

    Poesie - diapostrofo

    In un’epoca di parola (quasi) liberissima, con più mezzi di comunicazione che cose sensate da dire, perduti per sempre i racconti, perdute per sempre le storie da raccontare, rimangono le “reactions”, i likes, i re-tweet.

    Ormai ogni umana emozione viene intercettata al suo picco solo dai dispositivi, e non più dalle persone, dagli sguardi e dalle relazioni.

    Ecco che nacque:

    Gli Uomini Seduti

    Dove sono andati
    svelti, via da queste spiagge
    di vita le donne sagge
    e gli uomini onesti?

    Uscendo di casa si vede
    un mortorio emotivo che nega
    la foga ad ogni notizia
    stramba, la fuga che si lega.

    Due immigrati sono stati
    trovati con un accendino in mano
    vicino a un tabaccaio
    in provincia di Oristano

    E subito il popolo del sito
    allunga le falangi viola
    dalle tante volte
    che se la sono legata al dito.

    Una mamma ha sparato
    al marito e suo figlio
    l’ha abbandonato ritto
    in un sobborgo di Rovato

    E giù la pioggia di commenti
    e di faccine con la lacrimuccia.
    La strega, vedova si spaventi!
    Perché sul web le daremo la caccia!

    Hanno passato un vero decreto
    che decreta che la verità
    debba essere segreta vero?
    Come la libertà!

    E allora giù commedie
    e prove e video e documenti del ’47.
    Che il mondo è governato da dodici sedie
    da quattro alieni e tre sette.

    Ad accusar complotti,
    La Cina comunista
    A sperar che venga Michele,
    Arcangelo con la spada stalinista.

    Se ci sono i terremoti,
    è solo colpa dei froci.
    E le alluvioni?
    Colpa dei separati.

    Cose mai viste ed assurde,
    come un piovoso inverno a Rabat
    cose che si traducono come diceva
    mio nonno ubriaco:

    Robe de mat!

    Tutti protagonisti nel circo dei pazzi,
    mamme, nonni, zie, zii, vecchi e ragazzi.
    Tutti sotto l’occhio di bue
    di un palco immenso,
    ma spettatori, pochi.
    Ne conti giusto due.

    E sputano giudizi,
    e fanno considerazioni,
    dei detective senza indizi,
    ma con grandissime intuizioni.

    Loro con i loro indici cianotici
    Avvezzi al giudizio
    più che ad un gesto
    che portato alle labbra indichi

    silenzio.

    Ché solo col silenzio scritto
    e la mutezza verbale,
    Si possono allenare gli occhi
    a tacere ed osservare

    Senza giudizio

    Dov’è finito Annibale,
    Marco Aurelio, Manzoni,
    I grandi uomini passati?
    Dove esser uomo significava
    Avere gusti raffinati
    Saper parlare agli affranti
    Aver delizia oratoria,
    essere il meglio tra i tanti.

    Passarsi la mano nei capelli spettinati
    prendersi cura degli affetti amati
    difendere a costo della vita
    la libertà di essere vissuti amanti.

    Quando è capitato che alla ricerca
    di un uomo verace ed imperfetto,
    si sostituisse un machismo risibile,
    fatto di arroganza a doppiopetto?

    Cosa rimane se non un esercito di muti
    Che rimestano in segreto
    ruminando il fiele quotidiano.
    All’arrembaggio! All’armi! Al rogo! Rivoluzione!
    Sì, ma da seduti.

    Ché si vede meglio lo schermo,
    ché prende meglio il telefono
    ché il loro divano nuovo
    va goduto appieno
    in questo paradiso infermo.

    Cosa resta, se non
    quello strano odore che fiuti
    Che è la paura che hanno di esser giudicati.

    Il sottile filo di endorfina
    che cola quando si viene notati.

    Sono ovunque, e te li puoi immaginare.
    Sono gli uomini seduti
    sulla tazza
    con in mano un cellulare.