Mi è arrivata per le mani questa bella silloge poetica, scritta da Michela Belcore.
Sempre difficile scrivere pensieri su una silloge poetica. Perché la poesia è un soffio intimo, un sussurro nelle orecchie del lettore. E ad avere sussurri come questi, c’è di che innamorarsi.
Ma non dell’amore canonico, vecchio e infreddolito dei giorni nostri.
Quell’amore della nebbia, quell’amore verso i versi. Quell’amore per la parola, appunto, sussurrata.
Nella raccolta, ci sono tanti stati d’animo, appunto “feritoie” verso un’anima, verso ciò che è “dentro” e non sempre è facile far venire “fuori”.
Se non appunto, attraverso una ferita, o, meglio, una feritoia.
La differenza è solo questa: la ferita si rimargina, guarisce lasciano al massimo una traccia sulla pelle (nostro contatto con la pressione dell’aria del mondo). La feritoia no. Non si richiude.
Quando un poeta decide di scrivere, decide di trasformare la propria ferita in feritoia, lasciandola aperta, a volte sanguinante.
Un canale che necessariamente pulsa, e permette sia all’autrice sia al lettore, di guardare dentro, nel profondo, con l’angolo di visuale ristretto, tipico dei pertugi.
Scandagliare sé stessi è sempre un compito arduo, ma Michela, in questa silloge, ci apre la porta per uno scorcio verso il suo “dentro”.
Mi sono appena accorta
che ho tante, troppe,
strade intorno,
ma neppure
una percorribile dentro.
Michela ci suggerisce uno stato di impermanenza, di amori giovani che si sfiorano appena, e ciononostante ancora freschi, a volte terribili e profondi.
Sulla spiaggia passeggio
seguendo alcune orme
di piedi non miei.
Se faccio finta di vederli
non mi sento poi tanto sola.
Una lotta verso la solitudine, ed al contempo una fuga da essa.
Cos’è che induce l’amore, cosa induce la fuga? Nelle sue poesie Michela non ci da una soluzione, ma una domanda: e se scappassimo anche dal piacere, oltre che dal dolore?
E per quanto la poetessa ci dica:
Penso di non saper scrivere
molto bene con la destra,
solo perché ho il cuore esattamente
dalla parte opposta.
In realtà Michela sa scrivere eccome. E pure bene.
Collezionare molte poesie sublimi è compito arduo, ed anche qui, vige la mia annosa regola del 5 – 10 – il resto: 5 poesie sono perfette, 10 molto belle, il resto è ben leggibile, e tiene compagnia.
Ed è già un risultato ottimo, al primo libro.
Eccolo!
Io preferisco di gran lunga i componimenti brevi, in verso libero, ma è mia deformazione.
I suoi pezzi corti, infatti, mi sembrano i più riusciti, i più fulminei.
Michela continua, sempre, imperterrita, a “far cadere le lacrime sui fogli”, guardarle con affetto, e scriverci sopra le tue poesie.
Grazie per questa graziosa raccolta 🙂
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