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Ermione

    Ermione-Diapostrofo

    Nel desiderio di scrivere un falso d’autore a D’Annunzio, non ce l’ho fatta.

    D’Annunzio è quasi inarrivabile (ma ci arriverò), e anche la contraffazione è molto articolata e difficile. In più, dovevo scrivere un pezzo per partecipare ad un concorso di letture, e perciò, ho provato ad immaginare cosa sarebbe successo se anche Ermione avesse potuto entrare nel dialogo. Insomma, a parte la velata critica ai cliché delle donne (in cui non credo) ne è uscita una poesiuola che mi ha divertito tantissimo scrivere e, sopratutto, leggere.

    NdR: “E” sta per Ermione, “G” per Gabriele. Per facilitare la lettura 🙂

     

    Ermione

    G: TACI! Su le sog

    E: No!

    G: Taci! Su le

    E: Non dire a me quando devo tacere,

    per piacere, Gabriele!

    G: Taci! Su le soglie del bosco non odo

    E: Taci tu, mi si è allentata la vestaglia, si è fatto un nodo

    G: Parole che dici umane

    E: Gabrie’, dammi una mano, non riesco a legare

    G: Parole più nuove che parlano, gocciole e foglie

    E: C’ho i reumi, Gabrie’, ho le spalle spoglie

    G: Taci! Su le soglie

    E: Ohè, Gabrie’ non sono tua moglie!
    E basta con ‘sta storia del taci
    non pensi di essere uscito un po’ leggerino
    ti prendo un golfino?
    in casa mi scaldavano i tuoi baci,
    ma qui al freddo, sono solo doglie

    G: Taci! Su le soglie del bosco

    E: Non odi, e per forza
    non mi fai mai parlare!
    E poi fa freddo, mi fan male i piedi
    possiamo rientrare?

    G: parole che dici umane

    E: Eeeeh! Cheppalle Gabrie’, eh?
    è mezz’ora che si cammina
    sotto l’acqua a scrosci
    son fragilina, e mi conosci

    G: Ascolta, piove
    dalle nuvole sparse

    E: Sparseeee? A vate,
    non lo vedi che vien giù a secchiate?
    ma che dici?

    G: Piove sulle tamerici
    salmastre ed arse

    E: Ma perchè ti scappano quei risolini

    G: Piove sui mirti divini

    E: Mobbasta Gabrie’
    Poi co’ sto vocione
    soli in mezz’al bosco
    me fai soggezione.
    Famo a capisse:
    se te non fossi
    un sì sommo vate
    un preclaro esempio di scrittura
    giammai avrei levate
    le gonne mie con tanta premura!

    Mi piaci, sì, è vero
    ma a cuore sincero
    ti dico
    non odi, oltre i pensieri
    che l’anima schiude novella
    anche la favola bella
    che ieri ti illuse, che oggi ti illude, Gabrie’?

    G: Taci!

    E: Ancooora?

    G: Odi? La pioggia cade

    E: Eccerto che cade, etcì…
    Lo dicevano al meteo che pioveva
    da lunedì.
    Etcì
    son due ore che stiamo
    bel belli in pace
    nel freddo del pineto
    stanco!
    Pure le cicale rispondono
    al pianto
    ma non della pioggia, accanto
    a te c’è una donna
    che sono io,
    che sta piangendo
    e di freddo morendo

    G: o creatura terrestre

    E: Dai Gabrie’ vai a prendere
    un bell’ombrellone
    matrimoniale
    per la creatura terrestre, normale,
    che ha nome Ermione

    G: Ascolta, Ascolta l’accordo!

    E: D’accordo, ascolto
    son qui,
    m’inzuppo
    ma ascolto l’accordo
    di mille stromenti
    diversi, lo senti?
    Etcì!
    Son io che con lo starnuto
    esco
    dal mio accordo muto.
    Etcì!
    Lo senti? In accordo
    col freddo che mordo
    non s’allenta, si spegne
    la mia sinusite ancor trema,
    si spegne
    risorge,
    Etcì!
    Si spegne.

    G: Taci, su le soglie

    E: Dai, torniamo a casa
    che palle il tuo sincretismo dannunziano
    e la sinestesia
    e tutte le figure retoriche
    che non scaldano
    la carne mia.
    Tanto la studieranno in tanti,
    fa nulla, mi fido sulla fiducia
    mi vien da piangere da matti.

    G: Piove su le tue ciglia nere

    E: Appunto, Gabriele
    sono bagnata sfatta,
    mi sento una ciabatta
    andiamocene altrove
    tipo in salotto
    e ci asciughiamo al camino
    e ti preparo un tè al gelsomino
    con due paste a sfoglia
    e una scorza di bergamotto

    G: …andiamo di fratta in fratta
    or congiunti or disciolti

    E: No Gabriele, noi
    torniamo
    di fratta in fratta or congiunti
    or disciolti.
    Saran venuti
    pronti i biscotti!
    Dai che si torna
    da bravo, su.
    altrimenti poi ci si ammala
    e non si può fare più
    quel che più si vuole:
    Il piacere, D’Annunzio, l’hai scritto tu!

    Ecco, tornati
    dentro l’uscio,
    lasciato fuori lo scroscio,
    asciutti
    ti ho preparato
    un bel tè con le paste
    a sfoglia come
    quelle che ti piacevano,
    e di cui avevi sempre voglia.

    G: Taci, su le sfoglie non odo

    E: Ecco, da bravo,
    taci un po’ mentre mangi tranquillo
    e per una volta ascolta:

    nel socchiudere gli occhi
    nel vano a soggiorno
    vorrei, Gabriele, che ti
    tornasse il ricordo.
    Apprezzo davvero
    lo sforzo mirabondo
    di scrivere forse
    le più belle strofe
    della storia d’Italia.

    Ma io t’amo,
    più che per la penna,
    più che per la fama,
    per la tua carne umana
    ancora così umana
    da bagnarsi ed asciugarsi al fuoco
    come ogni creatura umana.

    È il tuo occhio senza fondo
    ciò che sminuzzo ogni giorno
    caro d’Annunzio io ti amo
    per i medicinali
    che tieni ancora
    zuppi
    dentro i tuoi calzoni
    sperandoli asciutti.
    Gabriele io ti amo
    più che per la penna
    più che per la fama
    per quella carezza da poeta
    che mi da solo la tua mano.

     

    D’

     

    Photo by Nathan Anderson on Unsplash