Cesare Pavese, che tanto ho amato quando andava di moda essere tristi. Che tanto ho ammirato per il saper parlare di cose semplici con impeto mistico e con un occhio di riguardo verso il cielo.
Meglio allora, depressi e consci della caducità della vita? Oppure adesso, tutti turgidi e fragili e dopati di felicità obbligata? Non lo so. Nel frattempo, il mio falso d’autore.
Alla Luna
Nel disco pallido
volgeva il bersaglio
dei desideri contadini
e quest’uomo sentiva poggiare
la lama gelida sul collo.
Su cosa celasse,
dietro il suono dei grilli
dietro le case sparse
in sopra le some
dei muli affaticati
la campagna,
quest’uomo si interrogava.
Forse,
solo se la lama
avesse compiuto
il suo lavoro sul collo
quest’uomo avrebbe potuto
camminare di nuovo
nei sentieri bui
e leggere ciò che gracidano
le rane dei fossi sotto dettatura.
La luna dardeggia il dettato
dei misteri della pianura.
Con la barba fatta
quest’uomo attende
un altro mattino.
D’