Poesia da padre, che non sono.
Non vedrò le tue guance diventare ciliegie al rosso che infiamma la bimba vergogna già colta sul fatto. Non soffocherò le risa per tenere il viso del padre cui viene serietà richiesta dura, per l'occasione. Non sarò castello, coperta o bastione invincibile ai tuoi occhi nani e scuri e vivi. Non imparerò a fare le trecce e i diversi tantissimi rossi dello smalto per unghie Non saprò i gradi dell'apprensione per il tuo ultimo febbrone. Non sarà gigante a fianco del tuo lettino finché tu, o io, non staremo dormendo sfiniti in una storia. Non avrò memoria dei tuoi mille vestitini. Non avrò il gusto di sentire nel naso il profumo delle tue dita fini sporche di biscotti. Non avrò cerotti all'anima con sopra i tuoi disegnini. Perché non sei, figlia, né sarai. Anche se ora, un poco, nell'ora delle diciotto mi manchi mentre scende in questa estate la neve e guardo fuori l'albero di amarene. Perché in quest'ora ora, più che mai, vorrei vedere le tue guance diventare ciliegie.
D’