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Risultato Piccolo Borghese

    Diapostrofo - Risultato Piccolo Borghese

    Una poesia sulla coppia, sull’amore, sulle delusioni. Una poesia lunghissima, che se leggi fino in fondo, sfido, ti aprirà un pochino il cuore. 

    Da leggere, come tutte le poesie, almeno una volta ad alta voce. 

    Mangiamo? –
    va bene amore, andiamo al ristorante –
    Sì, ma non voglio un ristorante normale…
    c’è un posto carinissimo che adoro. Sta in fondo al provinciale –
    In fondo al provinciale? –
    sì, è alla moda!

    Ci vanno tutti i miei amici, ed anche qualche impiegato comunale –
    non mi sembra un posto così speciale –
    han cambiato gestione, ora, il nuovo padrone, si è messo a fare la cucina tipica, etnica ed orientale –

    sticazzi, verrebbe da dire, e cos’ha di speciale che mi vuoi dire? –
    boh, non so, ma è tanto alla moda, andiamoci amore, dai, che ti costa?

    Ti sei appena comprato una racchetta nuova! –

    All’antipasto volevo picchiare il cuoco.
    Ho mangiato praticamente niente
    Avevo due carote crude
    Infilate in una gelatina compromettente.
    “È un guazzetto di pinne di cefalo dolce, con erbe provenzali e aromi di Volterra.”
    A casa mia
    Questa porcheria
    Si chiama scarti di pesce, carote e zucchero

    Ma lei
    Lei ammiccava in sollucchero

    Il conto mi ricordava
    Ciò che avevo dimolto pagato.
    Eppure avevo l’aria
    Di essere ancora, terribilmente, affamato.

    RISULTATO:

    Duecento sedici euro,
    nel locale alla moda,
    per quattro portate schisce, fredde.
    La “cristallizzazione di Mais algerino”
    Con “caglio biologico d’alpeggio”
    Mi sembravano il vecchio specchio
    Di una carisssssssima, polenta e taleggio.
    Ah, ovviamente, duecento foto ai piatti
    Messaggiare con le amiche
    Ma cosa volete che sia,
    si fa come si conviene, come detta la moda.
    Dietro le spalle sue, mi appariva la nonna mia
    che imprecava e mi guardava male.
    Ricordandomi con aria di rimprovero
    le tagliatelle al ragù di cinghiale.

    Torniamo? –
    A casa, va bene –
    A casa? Ma cosa? Andiamo a bere! –
    bere cosa, non hai già bevuto
    Di quel nettare di agave montano e pere ,
    Che ha dimolto il conto accresciuto? –
    E ma come sei vecchio, c’è un posto… –
    indovino: alla moda! –
    esatto! Ora sì che ti riconosco –
    no perché guarda, andrei diretto… –
    No! Ci sono state anche tutte le mie colleghe –
    che dovrebbero frequentare di più, ed in compagnia, il letto –
    come sei cafone! Dicevo, le mie colleghe
    Ci sono state
    ed è un posto perfetto,
    dopo le abbuffate –
    ma quali abbuffate? Ho mangiato
    Aria e pure senza sale –
    senti, sei il solito che me la fa pesare –
    vabbè, è alla moda, dunque, si va –
    Arrendevo il volere al fato,
    a questa brutta moda della piccola celebrità.
    Arriviamo e il posto è buio
    Tolte due strisce fluorescenti
    Pieno di adolescenti
    Andiamo dritti al bancone
    Nella musica a cannone
    Un whisky, grazie tante –
    ma sei matto? Non è di moda! –
    un aperotass, e un moscow Mule, grazie
    E mi dia lo stecco, non voglio cannuccia,
    e lo zenzero fine, mi raccomando.
    Ah, e mettimelo senza buccia –
    Il barista volgeva gli occhi
    Al padreterno e lo invocava
    Servendo questi due sciocchi
    Mirando il tempo che se ne andava.

    RISULTATO:
    Ho bevuto un po’ troppo,
    lei, non ha retto manco
    l’odore vago del gin e s’è detta
    stanca ed infastidita
    dalla musica troppo alta.
    Trentotto euro il tutto,
    pure onesto, per il servizio
    e lo spettacolo di queste vite
    sull’orlo del precipizio
    Arriviamo a casa, e finalmente, sono stravolto dalla serata
    ma la piccola cosa che m’ama è così bella,

    quando le vien da sorridere, e si sente amata.

    Scopiamo? –
    Sì, dai ma non normale, lo facciamo… in lavanderia! –
    In lavanderia?! –
    Sì. È tremendamente di moda! –
    Vabbè, sarà –
    Ma secondo me in lavanderia è troppo umido, e poi fa freddo, e c’è la cesta dei panni sporchi che, non sarà di moda, ma son ancora da lavare.
    Cosa ti metti ad inventare?
    Non sapendo che nome dare a quella nuova diavoleria,
    l’abbiamo fatto proprio in lavanderia.

    RISULTATO:
    ho un ginocchio sbucciato, fuori posto una spalla
    Il pavimento freddo mi ha infastidito,
    è partita la centrifuga
    e la lavatrice mi è finita contro un dito
    ah, e mi fa male tantissimo una palla
    che ho sbattuto contro lo sportellino del detersivo.

    Lo sapevo che non mi divertivo.

    Al che, nella calma post orgasmo.
    Mi son preso un attimo in bagno.
    Da solo
    Ed ho preso il coraggio a due mani
    Sono andato in camera, dormiva già.
    Trasfigurava tra il gin ed un angelo
    nel piumone alla moda.
    Con gli ideogrammi cinesi che dicevano:

    Sono un piumone alla moda.

    Sognava, forse, chissà.
    L’ho svegliata.
    Sbatteva gli occhi.
    L’ho chiamata – amore, mi senti? –
    sì –

    VAFFANCULO! –
    Come scusa ? –

    VAFFANCULO! VAFFANCULOOOOOO! –

    Lei sgranava gli occhi e destata d’un botto solo
    Si ritraeva nel piumone alla moda.
    Con gli ideogrammi cinesi che dicevano:

    guardami, sono alla moda ma lui ti sta mandando a fare in culo.

    E tutto il feng shui molto di moda,
    gettava lampi nella stanza con fare sicuro.
    Vaffanculo alla moda, a te e a ste cazzo di trovate di merda, che a me di mangiare due pinne di pesce secche, due carote a cinquanta euro non me ne fotte un cazzo. Per cosa, poi? Per guardarti smessaggiare con quelle oche delle tue amiche?

    E poi, Cristo, vuoi mettere? Da lunedì a giovedì ho lavorato solo per pagare sta serata di merda.
    Senti, è inutile che piangi adesso, te ci hai un problema.
    Ma che cazzo te ne frega di essere alla moda?
    Ma che cazzo te ne frega di fotografare tutto il cazzo che mangi.
    Vaffanculo!

    Cristo!

    Attaccati alla vita e respira forte!

    Dai, no vabbè, non fare la so…
    No, cazzo. No. Non è che ti odio.

    È che.

    Senti metti giù quel telefono… chi cazzo chiami sono le tre di notte.
    Ma figurati.
    Ma non sono sveglie le tue colleghe.
    Sì, vabbè, loro ti amano ed io ti odio. Va bene.
    No
    Ti dico di noooo.

    Senti, facciamo che per una volta, facciamo una cosa fuori moda. Eh?
    Tipo che parliamo uno alla volta.
    Tipo che ci ascoltiamo.
    Tipo che metti giù il telefono.

    Però parto io.

    Ecco.

    Sei un po’ più tranquilla?
    Tranquilla, sì, sono stato un po’ brusco.
    Diciamo che su insta sta cosa non sarebbe in vista. Hai presente.
    Ecco… niente cuoricini su schermini di vetro.
    Ok.
    Dai, vieni qua.
    Facciamo ‘na cosa fuori moda.
    Tipo guardiamoci negli occhi.
    Ecco. Ahaha.
    Ti viene da sorridere un po’…
    Che stupidi.
    Facciamo un’altra cosa fuori moda. Dammi le mani.
    Dai, dammi le mani…
    Senti. Mi sono un po’ arrabbiato. Scusami.
    Perché non so, non è come una volta
    Tutto è un po’ cambiato,
    ma non tutto in una volta.
    Senti, io ti amo. E su questo
    Spero non ci piova, cioè
    È come luce nel buio pesto.
    È facile, e facilmente ci si trova.
    Ecco, senti, io ti amo.
    Ma ti amo un po’ fuori moda.
    TI amo mentre cresci, non mentre cerchi di non invecchiare
    Ti amo mentre hai paura. Mentre
    Ti tappi gli orecchi che non vuoi
    più sentire.
    Ti amo in tutti i tuoi colori
    ed in tutti i tuoi dolori.
    Ti amo a regalarti dei fiori,
    lo so, non è di moda.

    Eppure.

    Voglio fare così coi piedi sotto le coperte, appoggiare il naso nelle tue ascelle.
    Sentire i peli rimasti indietro dall’epilazione, vedere le borse sotto gli occhi,
    la vita vera,

    non quello che ti racconti.

    Amo tutte le tue bambine assopite, in questo corpo di donna.
    Ti dirò, amo anche la tua cellulite.
    Non c’è colpa nell’invecchiare, anzi, non c’è colpa nel decadere, anzi.
    Ti amo con tutto il mio amore decadente
    Che ha la colpa, indecente,
    Di amare soprattutto le debolezze.
    La pelle che smaglia, la crosticina. Due anni fa avevi dodici nei in meno.
    Me lo ricordo perché ti studio, viaggio nei giorni su di te, mentre esci dalla doccia, ti vesti o sei di spalle.
    Veglio, perché nessun viaggio è compiuto senza finire su di te.
    Ti amo all’antica, vorrei caldi baci sospirati a un millimetro dagli occhi,
    non un filmino mentre ti tocchi.

    Vorrei due passi insieme, e non solo sui libri di crescita personale, di psicologia o di autostima.

    Due passi veri… Come quella volta al mare

    come quella volta in collina.

    Non voglio un ristorante alla moda, voglio un angolo di mondo.
    Che si chiuda alle nostre spalle.
    Un golfo placido nell’oceano azzurro
    Un uovo sbattuto al burro.
    Che fai? Perché piangi? Sei delusa?
    Vieni, fammi,
    Sentire la pelle, ancora.
    Sentirla che fa le fusa.
    E le fusa non le senti mentre fai casino
    Mentre bevi o scopi in equilibrio sul lavandino.
    Per le fusa serve silenzio, ed io questo amo.
    Ti amo in silenzio, ogni giorno, ogni ora.
    Ti amo in silenzio, ogni attimo, ancora.

    Photo by Jenna Norman on Unsplash