Poesie d’amore, d’anima, di rivoluzione e di evoluzione. Amore Revolution Evolution. Queste sono le tre parle d’ordine dell’opera di Stefano di Modugno (in arte K, si pronuncia “Kappa”).
Stefano è, oltre che un amico, oltre che un poeta, un simpatico monzomilanese che ha deciso, in un bel certo momento, di cominciare (tornare?) a scrivere poesia.
Sì, in una quotidianità fatta di velocità, in cui le professioni più di grido sono l’instagrammer e il social media manager, scegliersi una carriera da poeta è una scelta d’amore, ma sopratutto di Rivoluzione e di Evoluzione.
Sì, perché scrivere poesie non è di moda. Scrivere poesie specialmente come le scrive Stefano, non va di moda.
Ma forse è proprio questo l’obiettivo di Stefano: scostarsi un attimo dalla fiumana dei giorni, ritagliarsi un appiglio a riva, e chiudere l’ultimo verso prima di rientrare nel flusso.
Amorevolution
Amorevolution è la prima pubblicazione di Stefano, che raccoglie, appunto, poesie d’amore, d’anima, di rivoluzione e di evoluzione.
Per capire questo primo parto, parto dalla poesia che più di tutte, a mio avviso, segna la nascita della silloge:
Il tuo sorriso cambia il mondo
capisci questo
e avrai dato inizio alla tua rivoluzione
Chiaro no?
Stefano, per una sua evoluzione, per imboccare la sua rivoluzione, si è messo (rimesso?) a scrivere, consegnandoci una raccolta che grida “la bellezza è intoccabile” e lo grida a tutti, indistintamente.
Un grido che vibra sulle armoniche del movimento Beat, dove non ci si vergognava di avere ideali irrealizzabili.
Alla fine il mondo odierno è il frutto della cessione del quinto di quegli ideali: libertà, amore, pace, fratellanza, ma anche rabbia verso una contemporaneità pigra, specie nel sognare.
In copertina l’immagine di due che si amano durante una manifestazione.
Un’immagine forte, una presa diretta degli ultimi sprazzi di un manifestare che non è più violenza, bensì un “essere manifesti”, apparire nella verità di ciò che si è: sprazzi d’amore e di bellezza.
Per quanto il lessico sia chiaramente iperbolico, idealista, spinto ad un immaginario assoluto e che verso il mondo nutre uno sguardo tra l’adorazione ed il ribrezzo, trovo che le poesie di Stefano siano un “j’accuse” verso di noi, ma sopratutto verso l’autore stesso. Parla a noi come parla a sé, nello specchio del libro.
E ci intima: “Quali sono i tuoi alibi?”.
C’è Whitman, Jim Morrison, De André e K di Modugno, miscelati in un verso libero, libertario e libertino, che parla senza pudori, urlando le proprie volontà al cielo.
Alcune poesie sembrano fuori tempo, rispetto a ciò che si legge oggi, in cui si confonde lirismo con poesia, si confonde tweet con poesia, si confondono le proprie turbe mentali con poesia.
La ricerca di Stefano è quella dell’indagine intima, ma con ricadute sociali. Il cambiare il mondo un cuore alla volta, per quanto impossibile. Se ci fosse una lingua specifica per questo tipo di poesia, sarebbe l’Esperanto, con tutte le sue contraddizioni ed i suoi binari morti.
Fatta pace con noi stessi, cosa rimane, se non la volontà di trasformare gli insegnamenti tratti dalla propria esperienza in materiale ad uso altrui? Perché non farne strumento per indicare la via? Stefano questo fa, con una gigantesca segnaletica dell’anima che punta il dito verso una direzione migliore, per chiunque voglia seguirne le indicazioni.
Non cambieremo il mondo con una poesia, ma nel raggio d’azione delle nostre braccia, possiamo ancora cercare, creare e gioire, di “attimi di pura bellezza”.
Questo libro è uno di quegli attimi.
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